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ASTRID

Associazione per gli Studi e le ricerche sulla Riforma delle Istituzioni democratiche e sull’innovazione nell’amministrazione pubblica

 

Gruppo di studio sulla riforma della pubblica amministrazione - Introduzione di Franco Bassanini (25 ottobre 2001)

Il 25 ottobre 2001 si è riunito per il gruppo di studio sulla riforma della pubblica amministrazione. Sono presenti: Franco Bassanini (relatore), Massimiliano Atelli, Gianclaudio Bressa, Mimmo Carrieri, Franca D’Alessandro, Gianfranco D’Alessio, Gaetano D’Auria, Giancandido De Martin, Michele Gentile, Sandro Pajno, Marco Piredda, Franco Pizzetti, Andrea Tardiola, Alberto Piccio.

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L’introduzione di F. Bassanini si è articolata in due parti: il richiamo delle linee direttrici della riforma dell’amministrazione nei primi anni ‘90 e durante i governi di centro-sinistra; l’analisi della situazione che si profila a seguito dei primi interventi del governo Berlusconi.

Le principali linee guida del processo di riforma degli anni novanta.

Nel corso degli anni ’90 il sistema amministrativo italiano è investito da un complesso processo di riforma: in una prima fase, domina l’esigenza di riduzione dei costi delle amministrazioni pubbliche, nel quadro del più generale impegno di risanamento finanziario, insieme alla ridefinizione di regole di trasparenza e di garanzia dei diritti dei cittadini (leggi 142 e 241 del 1990, decreto 29 del 1993); nella seconda fase (leggi 59 e 127 del 1997, legge 50 del 1999 e successivi decreti e regolamenti di attuazione) a questi obiettivi, che restano centrali, si accompagna più esplicitamente un terzo obiettivo: riqualificare le amministrazioni pubbliche, migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni, ridurre i carichi burocratici e i costi da regolazione. All’inizio quasi inconsapevolmente, poi in forma sempre più consapevole, lil disegno di riforma tende al superamento del modello fortemente statalistico, centralistico e burocratico, tipico tradizione amministrativa europea continentale, caratterizzato dalla specialità delle norme disciplinanti l’organizzazione e il funzionamento dei pubblici poteri. Di conseguenza si inseriscono nel sistema moduli privatistici derivati dall’esperienza anglosassone; passaggi fondamentali di questo percorso sono: gli istituti contenuti nella l. 241/90; l’introduzione delle carte dei servizi, che vanno a definire un nuovo modello di amministrazione al servizio dei cittadini; l’avvio del processo di contrattualizzazione che mira a trasformare il rapporto di lavoro con le amministrazioni; la forte accelerazione del processo di ridistribuzione delle funzioni e dei compiti sulla base dei principi di sussidiarietà orizzontale (outsourcing, privatizzazioni) e verticale (c.d. federalismo amministrativo); l’introduzione di parametri e meccanismi di valutazione delle performances delle amministrazioni e la introduzione di quote variabili delle retribuzioni pubbliche legate ai risultati; la rigorosa separazione (almeno nel dettato legislativo) tra politica e amministrazione, con la responsabilizzazione dei dirigenti pubblici quanto ai risultati dell’attività amministrativa.

Gli interventi di riforma dei primi anni ‘90 rispondono principalmente all’obiettivo di riduzione dei costi del settore pubblico (obiettivo necessario per l’ingresso nell’UEM) restando gli incrementi di produttività e di efficienza essenzialmente un risultato secondario della razionalizzazione prodotta dall’esigenza di contenimento della spesa; è verso la fine del decennio, in un quadro di finanza risanata, che emerge come primaria l’ ulteriore serie di obiettivi sopra ricordati, complessivamente rivolti all’innalzamento della qualità dell’azione amministrativa.

E’ in questa fase finale del decennio che si vanno definendo e applicando ulteriori strumenti di modernizzazione finalizzati al miglioramento delle prestazioni e dei servizi:

  • l’impiego sistematico delle tecnologie informatiche per la gestione dei processi e l’erogazione dei servizi, ed anche (e necessariamente) per la reingegnerizzazione dei processi e la riorganizzazione delle amministrazioni; in questo settore l’Italia si segnala per alcune esperienze di eccellenza anche nel confronto internazionale (l’informatizzazione del sistema delle dichiarazioni fiscali; il registro informatizzato delle imprese; l’accesso ai lavori parlamentari via Internet; la introduzione della firma digitale; la prima sperimentazione della carta d’identità elettronica; ecc.);
  • lo snellimento dei procedimenti, la riduzione delle autorizzazioni amministrative, l’avvio di una sistematica raccolta della legislazione in testi unici, l’intyroduzione degli sportelli unici (per lo start up di impianti produttivi, per l’edilizia, per l’automobilista, per l’internazionalizzazione delle imprese); la semplificazione della documentazione amministrativa (che ha conosciuto l’abbattimento consistente del numero delle certificazioni richieste ai cittadini);
  • i processi di esternalizzazione, privatizzazione e liberalizzazione di funzioni e servizi precedentemente riservati alle pubbliche amministrazioni, realizzati evitando di privilegiare il solo obiettivo della riduzione dei costi e quindi a condizione di non compromettere la qualità e l’universalità dei servizi (ed anzi, di norma, con l’obiettivo di elevarle);
  • la semplificazione dei processi decisionali e del sistema delle responsabilità realizzata mediante il federalismo amministrativo e lo snellimento dei procedimenti, in modo da avvicinare ai cittadini le sedi delle decisioni pubbliche e ridurre la pluralità e la confusione di responsabilità.

Al termine degli anni ‘90 l’amministrazione italiana ha visto un complessivo miglioramento dei servizi offerti al cittadino, della qualità della regolazione e dei costi e carichi burocratici imposti ai cittadini e alle imprese registrato analiticamente, pur tra luci e ombre, dalla Regulatory Review dell’OCSE del marzo 2001. Ciò nonostante (o in virtù di ?) un significativo downsizing del personale ed una correlativa riduzione delle spese per retribuzioni ai dipendenti pubblici (si pensi, per esempio, che l’Italia , rispetto alla Francia, a parità di popolazione servita, ha due milioni di dipendenti pubblici in meno – 3,4 mil. contro i 5,4 mil. della Francia – e spende per retribuzioni nel settore pubblico il 40% in meno rispetto al PIL. 10,7% l’Italia, 14,7% la Francia).

La vastità e la complessità del processo riformatore realizzato (o avviato) in Italia sono dipese anche dalla scelta coraggiosa a favore della riforma compiuta dalle maggiori organizzazioni sindacali, che hanno accettato la sfida dell’innovazione, della contrattualizzazione e privatizzazione del rapporto di lavoro, del decentramento, della misura delle performance e dell’ancoraggio di una parte delle retribuzioni ai risultati ottenuti in termini di produttività delle amministrazioni e della qualità dei servizi. Cosa che non sempre è avvenuta in altri paesi europei.

 

L’analisi del momento attuale:

I passi che il governo in carica ha già compiuto sul terreno dell’amministrazione inviano segnali preoccupanti nel senso di una controriforma di proporzioni in qualche modo impreviste. Impreviste perché nella scorsa legislatura,l’opposizione di centro destra, pur con eccezioni, aveva sostanzialmente "accettato" il processo di riforma, e si poteva dunque immaginare che, divenuta maggioranza, intendesse muoversi nel segno della continuità, pur apportando al disegno di riforma correzioni e integrazioni. Al contrario i provvedimenti già adottati o proposti al Parlamento (istituzioni per decreto-legge di nuovi ministeri, d.d.l. finanziaria, d.d.l. di riforma della dirigenza, d.l. sulla protezione civile) si caratterizzano per una brusca inversione di rotta. E così:

  • sembra abbandonato, o quasi, l’obiettivo strategico della riqualificazione delle amministrazioni, della elevazione degli standard di qualità, dei servizi pubblici, della reingegnerizzazione in funzione di un forte miglioramento dell’efficienza e della qualità della macchina pubblica. Si torna a privilegiare essenzialmente la riduzione dei costi, come nei primi anni ’90, nonostante le differenti condizioni di finanza pubblica (ma, dunque, con finalità totalmente diverse: lo smantellamento dell’amministrazione, a favore del ricorso a servizi gestiti dai privati). E così: mancano risorse per il piano di e-government; mancano le risorse per il rinnovo dei contratti (sia per il recupero del differenziale dell’inflazione, sia per premiare la produttività, il merito, la professionalità); si tagliano le risorse per gli enti locali; si torna allo strumento del blocco delle assunzioni, persino per regioni ed enti locali, nonostante la loro competenza esclusiva in materia, sulla base del nuovo titolo V della Costituzione;
  • In tema di outsourcing la finanziaria si caratterizza come documento di rottura. Essa contiene una autorizzazione in bianco per qualunque operazione di privatizzazione o esternalizzazione di attività e servizi pubblici con il solo criterio della riduzione dei costi; non più, dunque, uno strumento per migliorare l’efficienza delle amministrazioni e la qualità dei servizi, ma una sorta di privatizzazione per abbandono.
  • In materia di dirigenza pubblica si ritorna alla pubblicizzazione del rapporto: esce di scena il contratto che viene sostituito da un accordo limitato alla definizione degli aspetti economico-retributivi; si mette in crisi il principio di separazione tra politica e amministrazione, e la responsabilizzazione sui risultati e le performance perché il rinnovo degli incarichi e la rimozione dall’incarico sono lasciati alla discrezionalità dei responsabili politici.

L’insieme delle misure e degli interventi cominciano a delineare un progetto organico di controriforma in senso ultraliberista, verso un modello di amministrazione marginale o minima, rafforzando solo i settori law and order , tant’è vero che a fronte di tagli sulla spesa in tutti i settori, aumentano le risorse solamente per i settori difesa e sicurezza. Nel contempo, dietro il paravento della tanto conclamata devolution , emerge un nuova formidabile controriforma centralistica : si pensi al d.d.l. Lunardi, al d.l. sulla protezione civile, alla riistituzione del ministero della sanità, alla legge finanziaria 2002.

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Negli interventi sono stati aggiunti elementi al quadro fornito dalla relazione. In particolare:

    • si è criticato il processo di neocentralizzazione operato da governo Berlusconi (Bressa), e l’azzeramento del modello centro-periferia, sostituito dalla ricostruzione di strutture (cfr. protezione civile) solo per attribuire centri di potere a relativi centri di interesse (Pajno);
    • è stato sostenuto che la controriforma sul terreno dell’amministrazione non doveva apparire inaspettata, perché il blocco sociale che supporta il nuovo governo, il tessuto sociale imprenditoriale, non punta al miglioramento dell’amministrazione (questo è semmai il suo second best) ma ad un progetto che veda meno amministrazione, meno apparato pubblici (Pizzetti);
    • che tra i temi in discussione occorre inserire quello relativo alla giustizia amministrativa e contabile e ai suoi organi (Pizzetti);
    • che il governo Berlusconi mette in discussione le relazioni sindacali non solamente su alcuni punti di merito (il profilo delle retribuzioni) ma l’intero sistema di regole che hanno presieduto questo settore negli anni ‘90 (Carrieri);
    • che già dal piano dei 100 giorni si comprende l’intento del governo di accentrare fortemente i poteri nelle mani del presidente del consiglio per le principali linee di indirizzo, anche a discapito degli enti territoriali, così che si potrebbe far leva sul fronte delle regioni contro le tendenze di neocentralismo.